LA SORPRENDENTE LASAGNETTA. Come si può servire il pesce a Venezia? È un bel problema, perché è come vendere frigoriferi agli eschimesi. Ci vuole un’idea brillante ed efficace. Se la chiedete ad Alessandro Caputo, cuoco di trent’anni con vasta esperienza alle spalle, internazionale e di alto livello, vi proporrà… una lasagna. Con due innovazioni: il ragù è formato da cernia e polpo mentre la pasta non è cotta al forno bensì fritta. Fritta? Certo, perché è un omaggio alla sua terra, la Sicilia. Caputo è, infatti, palermitano. Da cinque mesi è responsabile della cucina di The flair rooftop restaurant, il ristorante dell’hotel Bernini Bristol di piazza Barberini, di cui è general manager Gaetano Torino, 63 anni portati con invidiabile eleganza e vicino ai 50 anni di lavoro, di cui 40 nell’hotellerie, tra l’Europa e gli Usa. Il che gli ha meritato l’onorificenza di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Evento raro.
GLI ALBERGHI DI LUSSO DEL GRUPPO “SINA”. Il Bernini ha una tradizione di ospitalità che inizia nel 1874 e fa parte della catena Sina, fondata da Ernesto Bocca nel 1958: il conte possedeva tre concerie in Piemonte e voleva diversificare gli investimenti con un’iniziativa di alto livello. Fondò così la Società internazionale nuovi alberghi, “Sina” in acronimo, che adesso vede alla guida i due figli: Bernabò Bocca è presidente dal 1990 (è cavaliere del lavoro ed è stato senatore di Forza Italia nella precedente legislatura) mentre vice è sua sorella Matilde. La società ha raggiunto i sessant’anni di vita con ottimi dati di bilancio: il gruppo ha 500 dipendenti e fattura 43.442 milioni di euro, con un utile di 2,70 milioni di euro (dati 2018). I nove alberghi di lusso si trovano a Milano, Romano Canavese, Roma, Venezia, Perugia, Firenze, Parma, Viareggio e Capri, che è l’ultimo arrivato quasi come regalo per l’anniversario.
I PIATTI DI CAPUTO A VENEZIA. Flair in inglese significa talento, fascino: si tratta di qualità che indubbiamente Alessandro Caputo possiede. Ne ha dato prova nella serata organizzata al Sina Centurion di Venezia, hotel che fa parte dello stesso gruppo e di cui è responsabile Paolo Morra. Di recente il Centurion ha festeggiato i dieci anni di attività. È stato l’architetto Guido Ciompi di Firenze nel 2009 a ripensare in forma di albergo lo splendido palazzo sul Canal Grande, collocato tra la Peggy Guggenheim Collection e la basilica della Salute, che è sede dell’albergo. E sarà ancora Ciompi a occuparsi, come ha annunciato Gaetano Torino, del prossimo intervento di miglioramento sul Bernini Bristol a Roma.
Ma torniamo alla gastronomia. I piatti di Caputo sono stati elaborati grazie a Giancarlo Bellino, 36 anni, e alla sua squadra del ristorante che l’albergo ha intitolato ad Antinoo, il giovane di cui si innamorò perdutamente l’imperatore Adriano, vissuto tra il 76 e il 138 dopo Cristo. Nella squadra dell’Antinoo, oltre a Bellino (che già in passato alla Chef’s Cup ha dato convincente prova di sé) da segnalare il sous chef Riccardo Porracin, il maitre Matteo Molinari e il sommelier Vito De Candia. Il menu di cinque portate ideato da Caputo sarà disponibile al Centurion per tutta la settimana al Centurion.
UNA CUCINA RICCA DI IDEE MA ANCORATA AI SAPORI CLASSICI. E vale davvero la pena di assaggiare non solo la lasagnetta di cui si parlava poc’anzi, perché la cucina di Caputo è ricca di idee ma non eccessiva, bensì ben ancorata ai sapori classici, ripensati con un tocco di intelligente contemporaneità che sfrutta soprattutto polveri e profumi. È l’insegnamento che arriva a Caputo da Massimiliano Alajmo: l’ultima sua esperienza professionale si è svolta, infatti, per due annu al Quadri di Venezia come sous chef di Silvio Giavedoni. Ma prima Caputo ha frequentato altre cucine di livello: dopo gli studi scientifici a Palermo parte per Londra dove, dopo un anno di gavetta, entra a far parte delle brigate impegnative, prima al The Fat Duck di Heston Blumenthal, 3 stelle Michelin e poi a Le Gavroche, di Michel Roux Jr, 2 stelle Michelin.
Quanto ha appreso da queste esperienze (soprattutto il grande rispetto degli ingredienti, che è la cifra stilistica di Alajmo) l’ha condensato nel menu proposto all’Antinoo: per esempio nel “Tamagoyaki” – ossia l’omelette giapponese – di gambero rosso di Maraza, bergamotto e germogli, un boccone di particolare freschezza e gusto. Il risotto all’acqua di mozzarella, pecorino, capperi, olive e tartufo nero è quasi una rivisitazione della cacio e pepe. L’agnello è sorprendente sia per la qualità della carne sia per la panatura che l’ha rivestito, ottenuta con amaretto e kurkuma l’amaretto, cui si è aggiunta la crema d’Asiago e l’aceto balsamico tradizionale ad accompagnare i sapori.
BELLUSSI, DA VALDOBBIADENE A MONTALCINO. I vini sono targati Bellussi, azienda trevigiana di Valdobbiane di indubbia qualità, che ha trent’anni di vita ed è condotta da Enrico e Renata Martellozzo. La loro produzione si colloca a quota due milioni di bottiglie, con un fatturato di 5.79 milioni di euro. Alla serata hanno presentato tre tipologie di vino, una per ciascuna delle zone in cui la Cantina è presente: Veneto (le bollicine del prosecco superiore docg Cuvée prestige brut), l’Alto Adige (Muller Thurgau doc dell’etichetta Lido 1932) e la Toscana (con il rosso Di Paolo) terra in cui sono proprietari della tenuta Belpoggio, dieci ettari nel Comune di Montalcino, a soli 500 metri dalla celebre abbazia di Sant’Antimo. Della loro produzione, infatti, fanno parte anche un Brunello e un Rosso di Montalcino. Ma anche il Ciliegiolo in purezza Di Paolo fa una gran figura.
La cena-gara di ritorno, quando sarà Giancarlo Bellino a cucinare a Roma con Caputo e il suo team è già stata progettata. Qui sotto, la squadra di sala e cucina del ristorante Antinoo: si rinoscono i cuochi, il sous chef Riccardo Parracin, il maitre Matteo Molinari e il sommelier Vito De Candia.