Ostriche e champagne è un classico entrato nel mito afrodisiaco, forse perché già Giacomo Casanova ne consumava quantità esagerate. Isadora Duncan (che fu amante del poeta russo Sergej Esenin, le cui Confessioni di un malandrino Angelo Branduardi ha trasformato in una struggente canzone) raccontava che lei aveva imparato a ballare piena d’euforia già nel grembo di sua madre, che non mangiava altro durante la gravidanza. Sul mito non si discute, va accettato e basta perché indaga la nostra essenza, come ha dimostrato Cesare Pavese con i suoi Dialoghi con Leucò.
Esistono ostriche di diverse dimensioni, che si articolano su sei calibri: da cinque (il più piccolo) a zero, che arriva a sfiorare i 200 grammi. E tutte le dimensioni sono state passate tutte in rassegna nella serata dedicata al tema Ostriche & champagne Laurent-Perrier organizzata appunto dall’Osteria Frase a Piove di Sacco. Le ostriche crude di tre calibri differenti hanno rappresentato il primo assaggio del prodotto. Racconta Greguoldo che quello con l’ostrica non è stato un amore a prima vista: “All’inizio non mi piacevano, con quella consistenza molle e viscida”. Poi l’incontro con Florent Tabouriech, alle otto e mezzo della mattina, gli ha cambiato la vita. Ha smesso di coltivare cozze e mitili e ha iniziato a produrre ostriche: dai primi esperimenti nel 2010 è arrivato al primo impianto e a costituire la società nel 2016. In quattro anni lo sviluppo è stato continuo: il quinto impianto sarà inaugurato il prossimo settembre. “Da una produzione di 1000 pezzi a settimana adesso siamo a 3000, vale a dire 156mila ostriche all’anno”. La mortalità del prodotto è elevatissima: solo il 50% di quanto è seminato arriva a maturazione. In altre parole, sono collocate ogni anno oltre 300mila ostriche per averne la metà. Non solo. La quantità di lavoro necessaria è notevole: ogni ostrica viene presa in mano nel corso del suo ciclo produttivo, che dura 18 mesi, diciotto volte. Che, moltiplicato per 156mila pezzi, significa tre milioni di manipolazioni. Più un’altra infinità per le ostriche che si perdono per strada. Il 90 per cento del suo mercato è l’Italia.
Serena Franzolin ha saputo valorizzare in ogni declinazione il prodotto. Ha stupito tutti l’ostrica in tempura, che è stato (giustamente) indicato come il piatto migliore della serata. L’accompagnamento con il Blanc de Blancs di Laurent Perrier s’è rivelato perfetto. Come ha spiegato Alessandro Bartoli, che rappresentava la celebre azienda francese, quarta al mondo per la produzione di champagne, si tratta della novità presentata l’anno scorso: uno chardonnay in purezza che nasce dalle viti coltivate sulle colline di Reims. È una scelta in controtendenza rispetto alle usuali abitudini, ma che s’è rivelata vincente per questo Brut nature senza dosaggio, prodotto in appena in 40mila bottiglie. Va ricordato che Laurent-Perrier ha una produzione complessiva di 7 milioni e mezzo di bottiglie: l’azienda è guidata da Alexandra e Stephanie, figlie di Bernard de Nonancourt che l’ha rilanciata e il suo fatturato si aggira sui 250milioni di euro.
Il Brut millesimato 2008, una delle migliori annate degli ultimi vent’anni, ha accompagnato un altro pezzo forte della cucina di Serena: il risotto con ostriche e caviale Adamas, mentre l’ostrica calibro zero è stata trasformata dall’intelligenza della cuoca in una parmigiana di insospettato gusto. Per valorizzare il piatto è stato scelto il Rosè di Laurent-Perrier, pinot nero al 100 per cento, una cuvée che è la storia dell’azienda: la Laurent-Perrier, infatti, è stata la prima nel 1968 a produrre uno champagne non millesimato, questo rosè appunto.