La sua biografia l’ha intitolata “Moto perpetuo”, perché si sente sempre alla ricerca. E dopo quarant’anni in cucina avere ancora voglia di andare avanti è già un bel merito. Il suo è un atteggiamento socratico, perché è convinto che nella vita non si smetta mai di imparare. Tant’è vero che di se stesso afferma: “Sono ancora uno stagista”. Understatement e tenacia sono la cifra stilistica di Renato Rizzardi, come potete approfondire nella prefazione che ho scritto al suo libro e che trovate qui sotto.
Renato Rizzardi è fresco vincitore del Trofeo Tagliapietra, concorso gastronomico giunto alla undicesima edizione, con il suo piatto “100% stoccafisso”. Il trofeo è assegnato al miglior cuoco delle Tre Venezie che abbia presentato una ricetta innovativa a base di stoccafisso. C’è un voto dei clienti e un voto della giuria. Quest’anno i concorrenti erano venticinque e Renato ha vinto sia il trofeo assegnato sulla base del voto popolare, per così dire, sia il premio della critica formata da giornalisti. Una bella soddisfazione. Si tratta di tortelli allo stoccafisso, in brodetto di stoccafisso e trippetta. Il piatto è guarnito di polvere di stoccafisso ottenuta dalla lavorazione della carne e quindi essiccata, ma anche di alga wakame e cavolo cappuccio.
“La cucina di classe non dev’essere per forza arzigogolata – spiega Renato Rizzardi – Semplicemente deve essere fatta bene. Anche uno spaghetto al pomodoro è alta cucina, basta che sia concepito e realizzato in modo ottimo”. Questa è la filosofia che ha spinto La Locanda di Piero ad allargare la sua offerta, cercando di venire incontro soprattutto ai giovani: così sono stati inaugurati due menu a 28 e 37 euro. E i giovani sono già protagonisti del locale, come il sommelier Alex Dal Fior (in verità non è solo sommelier perché prepara anche tutti i meravigliosi pani per cui la Locanda è celebre) che ha creato un cocktail da abbinare ai tortelli: un distillato di uve con frutto della passione, un pizzico di vaniglia, rosmarino, pepe e sale. Ecco, qui sotto, il cocktail e il suo autore.
Altri due nuovi piatti del menu sono molto primaverili. Il primo è la trota salmonata della Valdastico affumicata in casa, con crema allo yogurt, erbe spontanee di primavera e cialda croccante di Mais Marano, cioé la migliore polenta che si possa preparare. E’ un trionfo di verdure di stagione che accompagnano il pesce: protagonista è anche il tartufo nero primaverile, ma ci sono pure i bruscandoli (i germogli del luppolo selvatico), i “carletti” e l‘asparago crudo.
Renato Rizzardi ama andare controcorrente. E così sceglie gli “spaghettini” anziché gli spaghettoni che vanno molto di moda per condirli con il nero di seppia e abbinarli ai calamari crudi. Ne esce un bianco-nero che non è solo cromaticamente curioso: al palato rivela la sua freschezza e profondità.
Renato e la sua Locanda sono entrati a far parte da poco del gruppo Le buone tavole dei Berici, assieme a Davide Pauletto delle Vescovane di Villaganzerla anche lui una new entry. Dell’associazione fanno parte Roberto Berno de “Al Sole” di Castegnero, Monica e Manuela Gianesin di “Isetta” a Grancona di Val Liona, Giuseppe Zamboni e tutta la famiglia Zamboni (Lucia, Giorgio, Oreste) che gestisce la trattoria di Lapio di Arcugnano. All’ultimo incontro, Rizzardi ha presentato il suo celebre Orzo al nero di seppia che vive di un contrasto fondamentale, nero su bianco, e di un tocco di rosso, il pomodoro, quasi un grido di dolore (quello stesso con il quale Piero Citati voleva salvare il vero pomodoro, secondo lui ormai scomparso). Il nome completo della portata è: “Orzo mantecato al nero di seppia, crudo di calamari alla vaniglia, ciliegino fiorito e finocchio selvatico”. Chissà se Renato quando l’ha immaginato aveva in mente una celebre frase di Coco Chanel: “Il nero contiene tutto. Anche il bianco. Sono di una bellezza assoluta. È l’accordo perfetto”. L’ex ragazza terribile della moda aveva ragione, come quando spiegava: “La natura ti dà la faccia che hai a vent’anni. E’ compito tuo meritarti la faccia che avrai a cinquanta”. Come darle torto? Torniamo all’orzo. Al di là del nero, il piatto di Renato ricapitola tutto in sè: consistenze e sfumature misurate nel dettaglio, la cottura del cereale (il primo a essere scoperto dall’uomo) che fa da contrasto alla croccantezza del calamaro crudo, gli aromi appena sussurrati. Di sicuro la complessità del piatto (da non confondere con complicazione, sono due concetti diversi…) è dovuta alla spinta alla perfezione che anima l’autore da sempre. E’ per questa sua capacità di approfondire ingredienti e significati che Renato ha ricevuto dalla guida “Venezie a tavola” di Luigi Costa un premio alla carriera, riconoscimento d’autore per la ricerca culturale che innerva il suo lavoro. Del resto, l’equilibrio tra sapersi rinnovare e la capacità di mantenere saldi i fondamentali è essenziale. Intanto, ha sfornato anche questi “Pistilli al mare”: filetti di rombo, oro di navelli e verde di piselli che gli è versato sopra.
Di sicuro nè Renato nè Sergio Olivetti, che lo affianca nel locale come maitre, si possono definire “Testa di rapa!”. Ma il cuoco ha voluto usare un gioco di parole per il dolce che ha presentato: bignolata all’arancia, rapa rossa e kumquat con gelato alla lavanda. Da provare.